I principi generali dell’economia circolare hanno cominciato a trovare una sistematizzazione sin dagli anni novanta, ma solo di recente hanno raggiunto modalità di enunciazione tali da poter essere concretamente utilizzati come punto di partenza per la definizione di politiche internazionali e nazionali per il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile universalmente accettati.
In un’economia circolare il valore dei prodotti e dei materiali deve essere mantenuto il più a lungo possibile; i rifiuti e l’uso delle risorse sono minimizzati e le risorse stesse mantenute nell’economia quando un prodotto ha raggiunto la fine del suo ciclo vitale, al fine di riutilizzarlo più volte e creare ulteriore valore. Questo modello può creare posti di lavoro sicuri in Europa, promuovere innovazioni che conferiscano un vantaggio competitivo e un livello di protezione per le persone e l’ambiente di cui l’Europa sia fiera, offrendo nel contempo ai consumatori prodotti più durevoli e innovativi in grado di generare risparmi e migliorare la qualità della vita.
L’attuale modello di sviluppo lineare si basa sul principio “prendi – produci – consuma – dismetti”, derivante dalla assunzione di una abbondante disponibilità di risorse, facili da reperire e poco costose da smaltire.
L’economia circolare presuppone, invece, un uso efficiente delle risorse naturali, minimizzando la necessità di ingresso nei cicli produttivi di nuove risorse e di maggiore energia, riducendo la pressione ambientale legata alla estrazione, emissione e dismissione delle risorse stesse.
Entrano in gioco in un’economia circolare i concetti di eco-design, riparazione, riuso, manutenzione, condivisione dei prodotti, ricostruzione, prevenzione della produzione di rifiuti e loro riciclaggio. Si tratta di concetti e attività non nuovi nel panorama economico e sociale, ma il loro coordinamento in un sistema organizzativo complesso costituisce un compito arduo per chiunque abbia responsabilità di definizione delle politiche di sviluppo, a ogni livello operativo, europeo, nazionale e locale.
La relativa abbondanza di risorse naturali, comprese quelle minerarie, spesso distribuite in modo non uniforme a livello geografico, ancora per poco garantita dal sistema terra, in assenza di regole per lo sfruttamento o di controlli per il rispetto delle regole esistenti, costituisce un incentivo a perseguire gli obiettivi dell’economia lineare.
Dal punto di vista economico e produttivo le previsioni di sviluppo a livello mondiale riportano al 2020 ancora l’immissione di 82 miliardi di tonnellate di materie prime, mentre solo un terzo dei 60 metalli di più comune utilizzo fa riscontrare un tasso di riciclo a fine utilizzo superiore al 25%. Per il 2030 sono previsti tre miliardi di nuovi consumatori, che richiederanno il soddisfacimento di una ben più elevata domanda di beni e servizi rispetto ai livelli attuali.
A oggi lo sviluppo dell’economia circolare è frenato anche da vincoli legislativi e amministrativi, per cui risulta necessario un orientamento strategico da parte dei decisori nazionali e comunitari: esempio eclatante a livello nazionale è rappresentato dagli ostacoli immotivati proposti dalla legislazione ambientale circa l’utilizzo dei residui dei cicli produttivi o delle costruzioni quali sottoprodotti, il tutto amplificato dalla poca chiarezza normativa, che favorisce interpretazioni personali e fantasiose delle norme, da parte sia degli organi di vigilanza, sia della magistratura.
Leggi e regolamenti ben fatti, che danno origine a politiche industriali e ambientali finalizzate allo sviluppo compatibile e sostenibile, favoriscono l’adozione di processi innovativi per la riduzione dell’inquinamento e del consumo di energia e per il riciclo e il riutilizzo di materiali già destinati a essere smaltiti quali rifiuti: il conseguente aumento di competitività delle imprese potrà compensare il costo per le imprese stesse derivante dai più stringenti obblighi ambientali introdotti.
Una politica europea per l’economia circolare dovrebbe avere quale obiettivo prioritario anche l’incremento dell’efficienza produttiva per una contrazione dei consumi delle risorse minerarie in Europa, aiutando così a ridurre la dipendenza dell’Europa stessa dalle importazioni, rendendo l’acquisizione di tali materie prime meno soggetta alla volatilità dei mercati internazionali delle commodity e meno influenzata da fattori geopolitici.
Lo sviluppo di un’economia circolare, ancora, permette il disaccoppiamento, finora non attuato compiutamente, tra sviluppo economico e benessere sociale e utilizzo delle risorse naturali e dell’energia: tale disaccoppiamento costituisce il principale obiettivo delle politica europea per l’utilizzo efficiente delle risorse naturali (2013), mentre l’economia lineare riduce anche le opportunità di incremento della competitività.